LETTERA APERTA A NICHI VENDOLA. PANZONE: SULL'ACQUA CHE FACCIAMO?

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TAURASI (AV) - Le acque sotterranee e superficiali dell'Irpinia costituiscono la maggiore ricchezza del territorio e il principale serbatoio idrico naturale dell'intero Mezzogiorno. Basta citare il nome Irpinia per rievocare le ingenti fonti idriche di Caposele, di Cassano Irpino e di Serino, da cui traggono alimentazione i più importanti acquedotti del meridione d'Italia. Sulla base dell'attuale assetto infrastrutturale le acque dell'Irpinia ricadono, infatti, al centro di un complesso sistema di interscambi idrici interregionali, per quanto concerne il comparto potabile ed irriguo. Eppure, le popolazioni Irpine

stanno vivendo l'alternarsi di fenomeni di siccità e di concentrazione delle piogge, che insieme mettono in forse la certezza della disponibilità d'acqua ed espongono al rischio ricorrente di frane e alluvioni. L'acqua, da abbondante ricchezza, è diventata un problema non più rinviabile anche in Irpinia. Come affrontarlo? Come mettersi nelle condizioni di prevenire il ripetersi di "emergenze naturali" ormai prevedibili? Bisogna pure convenire che oggi l'acqua che sgorga dai monti Picentini è diventata importante come il petrolio. Invece, una logica di comodo fa considerare l'acqua più e meno importante a seconda non più del volere del Padre Eterno, ma del politico che più può incidere sul problema.L'Irpinia è un territorio interno, dove, grazie alla generosità delle sue campagne, è possibile sfruttare l'agricoltura e il turismo. I giovani, tuttavia, se ne vanno perché queste risorse non riescono a creare lavoro, perché la nostra terra è diventata ricettacolo di rifiuti, ci chiudono le linee ferroviarie, ci contraggono gli ospedali, le Scuole, che da sempre rappresentano nella maggior parte dei casi l'unico modo per parcheggiare i nostri giovani, che per il lavoro si devono risolvere nell'emigrazione, e, non ultimo, non possiamo pensare ad alcuna forma di sviluppo perché ci è venuta meno anche la risorsa acqua. L'acqua non c'è più . . .!? Sembra come se noi irpini non avessimo diritto alla nostra storia.All'inizio del secolo scorso, 1915, momento che segna grosso modo l'entrata in funzione dell'Acquedotto pugliese (AQP), la Puglia, regione che oggi recepisce la quasi totalità delle acque irpine, non contava 4 milioni di anime, né la portata d'acqua che veniva captata in Irpinia, segnava un rapporto di 9 mila litri al m/secondo di acqua irpina (a favore della Puglia), a fronte di 600 litri di acqua al m/secondo destinati all'Irpinia e al Sannio; né che tale captazione rendesse i nostri fiumi, come il Calore, il Sele medesimo e il Sabato, delle cloache inquinanti, dove si verificano sempre più frequentemente morìe di pesci e forme varie di inquinamento, che causano Escherichia Coli, Salmonella, al punto che è fatto assoluto divieto dalle ordinanze sindacali di avvicinarsi al fiume.A noi oggi ordinanze sindacali, caro presidente, continuano a razionarci l'acqua, impedendoci di innaffiare l'orto, di lavare l'auto, sospendendo sempre più spesso quasi quotidianamente, specie d'estate, l'erogazione dell'acqua potabile, mentre l'acqua delle falde e persino la captazione totale dell'acqua di alcuni nostri fiumi viene incanalata verso la tua utenza sempre più esigente. Inoltre, la Puglia chiede la realizzazione della Pavoncelli bis, lamentando il 50% di dispersione d'acqua causa sisma '80', mentre non si tiene in alcuna considerazione che anche la rete irpina fa registrare un'eguale dispersione dell'acqua potabile. Noi irpini paghiamo un prezzo molto alto per l'acqua in quanto viene captata in pozzi profondi a mezzo di macchinari costosi, mentre in Puglia arriva per caduta. Chi gestisce l' acqua irpina, deviando la maggior parte del flusso fuori regione per favorirne lo sviluppo, dovrebbe anche porsi il problema di offrire in cambio all'Irpinia alternative economiche che alla stessa maniera dovrebbe creare benessere di quest'ultima.Occorre un rapporto più equilibrato e più giusto tra le parti da sottoscrivere non con la regione Campania, ma con istituzioni ed esperti Irpini. In Irpinia abbiamo poco da perdere perché i nostri politici non hanno saputo difendere la propria terra. Abbiamo, perciò, bisogno di un "homo novus" che si prenda cura dell'Irpinia e anche del Sannio.Carissimo fratello pugliese, non vogliamo considerarci fratelli solo quando vieni a inaugurare nel nostro territorio altre fonti di emungimenti d'acqua, o quando hai bisogno del voto, né ci piace essere considerati terra di conquista, ma piuttosto alleati, con cui stringere un patto duraturo, dove l'uno campa e l'altro non muoia. Queste sono le condizioni indispensabili che permetteranno certamente di vedere sorgere una nuova gente e forse un nuovo SUD. Facci sapere al più presto se possiamo gridare VIVA VENDOLA!Se tutto ciò non diventa oggetto di un tavolo d'intesa, come si può pensare di costruire una intesa comune? Accordi di comodo, presi in altre sedi, a volte non tengono conto delle reali esigenze di intere comunità, che , potrebbero interagire collaborando a nome di uno sviluppo comune. In noi ribolle lo sdegno di non comprendere perché questo nostro Sud non possa diventare una terra unita, fertile, dove sicuramente potremmo diventare fratelli. . . Sta in questo il "meridionalismo" o è un termine del quale neppure il vocabolario sa darne una definizione?
Prof. Antonio Panzone
presidente Associazione Culturale Taurasia