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Back Sei qui: Home Attualità Tutte le Notizie Italia COSA SUCCEDE A CHI VIVE UN TERREMOTO? LO STRESS POST-TRAUMATICO

COSA SUCCEDE A CHI VIVE UN TERREMOTO? LO STRESS POST-TRAUMATICO

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«Che cosa può apparire a ciascuno di noi sufficientemente sicuro se il mondo stesso è scosso e le sue stesse fondamenta barcollano? Se l'unica cosa che vi è di immobile e sicuro in lui, tanto che regge tutte le cose che verso di essa si dirigono, traballa? se la terra ha perso la sua caratteristica peculiare, la stabilità?». [Seneca, 1989].  Il noto autore latino Lucio Anneo Seneca, già nel lontano 62 d.C. riservò la sesta parte del suo libro Naturales Quaestiones all'argomento terremoto: esso si apre proprio con la notizia della rovina di Pompei provocata dal sisma del 5 Febbraio del 62 d.C. In

questo testo, lo scrittore focalizza la propria attenzione sulla debolezza umana di fronte a eventi catastrofici di grossa portata come può essere un sisma, argomento tuttora molto attuale.
È ampiamente dimostrato dagli studi di settore, infatti, come le popolazioni colpite da eventi catastrofici debbano fronteggiare non solo i disagi materiali legati agli effetti distruttivi innescati dagli eventi stessi, ma anche, nel corso del tempo, i profondi traumi psichici derivanti dalla scomparsa dei precedenti punti di riferimento, di tipo affettivo e/o esistenziale.
La distruzione materiale di un paesaggio, intendendo il termine nel suo significato geografico e 'psicologico' più profondo, implica la scomparsa di un vero e proprio 'micromondo', dal punto di vista ambientale, culturale e percettivo. Le collettività colpite da un evento distruttivo, dunque, sono potenzialmente esposte a traumatiche trasformazioni del proprio stile di vita, con la progressiva perdita di identità e valori nel corso del tempo.
Il terremoto, in sé, d'altra parte, si configura come fenomeno particolarmente devastante, sia dal punto di vista materiale che immateriale. Basti considerare, a tal proposito, che la Terra, nell'immaginario collettivo, rappresenta quanto di più stabile e solido possa esserci, laddove le scosse telluriche ci ricordano con evidenza che così non è.
Volendo rievocare alla mente soltanto alcuni dei terremoti più devastanti avvenuti in Italia dal 1980 ad oggi, possono essere citati il sisma irpino del 23 Novembre 1980 con la sua violenta e interminabile scossa di intensità pari a 6.9 gradi della Scala Richter e al IX grado della scala Mercalli, che provocò 280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2914 morti; l'altrettanto tragico terremoto accaduto tra il 31 Ottobre e il 2 Novembre 2002 di S.Giuliano di Puglia di magnitudo 5.8 della Scala Richter e del VII-VIII grado della scala Mercalli che causò, circa 2.925 sfollati, 100 feriti e 30 morti, tra cui 27 bambini rimasti schiacciati sotto il crollo della struttura fatiscente del loro stesso asilo; l'evento tellurico del 6 Aprile 2009 che sconvolse L'Aquila e la sua provincia con una scossa di 6.3 gradi della Scala Richter e del VIII-IX grado della Scala Mercalli, provocando 65000 sfollati, 1500 feriti e 300 morti.
Il 20 Maggio 2012 la terra ha continuato a tremare, come se non bastasse, con l'ultimo evento tellurico che ha stravolto due paesi delle province di Ferrara e Modena con la stessa magnitudo del sisma del 2002 provocando 6 vittime, 4 delle quali morte sotto il crollo del capannone dell'azienda dove operavano, e 4000 sfollati.
Di fronte a queste drammatiche notizie troppo spesso i notiziari nazionali non pongono sufficiente attenzione alla drammaticità e alla serietà delle conseguenze psicologiche di questi episodi, fermandosi bensì alle conseguenze materiali ed economiche della questione ed è proprio in questo articolo che si vuole riconoscere una riflessione sui disturbi e sui disagi talvolta permanenti che possono insorgere in circostanze di questo genere.
Un evento improvviso e violento di questa portata, infatti, che implica una grave minaccia per la vita di un individuo o una gravissima lesione della sua integrità psicofisica, può provocare un trauma psicologico a chi ne è coinvolto. Le conseguenze di ciò sono state definite (per la prima volta nel 1980) nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM-III con il nome di «disturbo postraumatico da stress» (DPTS).
L'individuo colpito da tale disturbo tende a ritualizzare il trauma subìto in diversi modi: attraverso sogni ricorrenti, ricordi ossessivi e iperattivi, flashbacks o iperattività in vicinanza di anniversari o in prossimità dei luoghi del trauma. Il nucleo essenziale dei sintomi è il vissuto di un'incontenibile paura associata a una sensazione di totale impotenza, che si esprime con un esasperato e incessante rivissuto dell'esperienza o delle esperienze traumatiche che vengono rievocate fino ad avere dei veri e propri flashbacks, come se l'evento fosse continuamente presente e attuale. Questo porta la vittima a evitare pensieri, ricordi e situazioni anche lontanamente legati al trauma, limitando così grandemente le proprie possibilità di esistenza. Possono insorgere reazioni esagerate di allarme o paura, scoppi di ira eccessivi e inopportuni. A causa dei sentimenti associati all'avvenimento traumatico, la sua percezione da parte dell'interessato risulta frequentemente distorta, frammentata in sensazioni parziali, spesso dissociate tra loro e dal ricordo dell'avvenimento, con una percezione del tempo rallentata o a volte accelerata con vari gradi di amnesia per tutto o parte dell'avvenimento.
Ciò interferisce profondamente con la vita quotidiana, interrompendo la continuità dell'esperienza di vita dei pazienti.
Una figura fondamentale in scenari di questo tipo è lo psicologo dell'emergenza. Uno dei suoi primi obiettivi è quello di evitare che la vittima colpita dalla catastrofe abbia delle ripercussioni psicologiche a lungo termine che possano minacciare la sua intera esistenza. Inoltre questa figura si occupa di assistere la vittima che ha subìto un lutto familiare, la aiuta a difendersi dalle frequenti sensazioni di ansia e angoscia che la avvolgono, evitando i disagi precedentemente descritti tra i quali il rischio di isolamento sociale e la perdita di comunicazione. La tecnica di solito utilizzata per raggiungere questo obiettivo è il Debrifing. Grazie a questa tecnica lo psicologo dell'emergenza aiuta la vittima a organizzare un primo parziale senso dell'avvenimento vissuto e successivamente la aiuta a elaborarlo in modo tale da rendere il soggetto nuovamente pronto ad affrontare la vita quotidiana senza alcun limite psicologico e senza nessun tipo di disagio legato all'evento passato.
Dott.ssa Miriam Favale
Laureata in Scienze dell'Educazione