1) Rispetto al titolo Serenata allo sposo, con cui questo canto è archiviato, forse sarebbe più appropriato il titolo Lèviti lèviti veli e fiori. In paese, sino a 40-50 anni fa, alla fine di una giornata felice ma estenuante, quella dello sposalizio, con un pranzo luculliano, bevute di vino e ballate, vi era l’usanza di accompagnare a piedi gli sposi alla loro casa, fresca di arredo e focolare domestico per una nuova famiglia che nasceva, con i suonatori che continuavano a suonare lungo il tragitto. Una volta giunti davanti all’abitazione degli sposi, prima degli auguri finali, “Auguriji a li spusi e figli màsculi!”, erano intonati alcuni canti scherzosi e maliziosi, tra cui questo, in cui il cantante faceva le veci dello sposo nell’esortare la sposa a spogliarsi. ‘Liéttu tiso’ sta per letto matrimoniale nuovo di zecca, che è da disfare in una notte d’amore e di passione, e la sposa, solitamente ancora vergine, poteva essere anche in apprensione per quel che stava per succedere.
Il coro, con l’accompagnamento della fisarmonica – e non dell’organetto come è riportato nel catalogo di S. Cecilia –, canta in modo armonioso e piacevole, con un ritornello di due versi ripetuti per due volte per ognuna delle quattro strofe del canto. Nel testo da me trascritto, ho aggiunto, all’ultima strofa, due versi del ritornello che mancano nel sonoro originale del Lomax.
Una versione di questo canto, da me registrata nel 2006 a Montecalvo Irpino, come duetto con le informatrici Annunziata De Furia e Lucia Albarella, è più lunga e molto più lasciva nelle allusioni nei confronti della sposa.
La canzone napoletana ‘A cammesella, nota composizione del teatro di varietà, eseguita in palcoscenico come macchietta da due attori, che fanno la parte degli sposi, ha un contenuto per certi versi simile a quello di questa serenata montecalvese, ma è differente nella musica e
nell’esecuzione scenica, perché lo scopo è di far divertire il pubblico. Famosa è la macchietta in questione, in un film ambientato sulla seconda guerra mondiale, Siamo uomini o caporali?, interpretato da Totò: all’inizio è lui, con una pistola in mano, a intimare alla ragazza, interpretata dall’attrice Fiorella Mari, di spogliarsi di un indumento alla volta; quando lei è ormai in body, in un attimo di distrazione di Totò, lo disarma e, pistola in pugno, lo costringe a spogliarsi a sua volta, un indumento alla volta, tra l’ilarità generale del pubblico.
2) Nell’archivio americano di Alan Lomax, che arrivò in Italia con la famiglia nell’aprile 1954, per registrare canti popolari, spesso con l’aiuto e le indicazioni dell’etnomusicologo italiano Diego Carpitella (è stato il fondatore degli archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia), e scattare foto in giro sino all’inizio del 1955, c’è tanto materiale inedito, tra cui 9 foto con l’attribuzione errata del paese, che Lomax scattò a Montecalvo Irpino, nell’improvvisato ambiente di registrazione al piano superiore dell’edificio comunale in Piazza Porta della Terra, in cui accorse un discreto pubblico di paesani, tra cui Pompilio Lanza, sopr. lu Firràru, che ne dà conferma fornendone i particolari.
Nel libro L’anno più felice della mia vita, edito da il Saggiatore a Milano nel 2008 a cura di G.Plastino, è scritto che Alan Lomax spesso ripeteva che “… il paesaggio sonoro che aveva scoperto in Italia era il più ricco, il più sorprendentemente vario e originale mai incontrato, e fu sempre fiero delle sue registrazioni”.
Luigi D’Agnese, responsabile dei Servizi Educativi e presidente dell’associazione culturale “Hyrpus Doctus”, che ha fondato il Museo Civico Etnomusicale “Celestino Coscia e Antonio Bocchino” di Montemarano e lo gestisce senza scopo di lucro, con mail del 13 maggio 2009 mi segnalava l’esistenza delle due serenate montecalvesi presso l’Archivio di S. Cecilia a Roma. Visitavo il suo museo, il 30 giugno 2009, con l’amico Gaetano Caccese e fotografavo il materiale esposto, compreso il CATALOGO SOMMARIO DELLE REGISTRAZIONI 1948 – 1962. Con una mail del 16 ottobre 2011, sempre Luigi D’Agnese, mi inviava le 9 foto scattate dal Lomax a Montecalvo Irpino, e, vivendo io a Trento, le affidavo a Francesco Cardinale, che ringrazio per il meticoloso lavoro svolto, con l’incarico di fare una ricerca approfondita per identificare, con nomi, cognomi e soprannomi, i partecipanti a quella lontana registrazione. La ricerca di Cardinale, dopo alcuni mesi di indagini sul territorio, coadiuvato da Antonio Cardillo e altri amici del paese, tra cui Wanda Pappano, figlia di Libera Gruosso, dava esiti fruttuosi e sorprendenti, anche se non si è riusciti a reperire alcun documento scritto in merito, perché è andato tutto disperso o perduto.
Anche per la data, in cui fu fatta la registrazione, bisogna accettare quella ufficiale, il 10 gennaio 1955, perché nessuno degli informatori contattati ha saputo indicarne il giorno. Tuttavia, i nomi di coloro che cantarono per Lomax sono stati indicati sia dai testimoni oculari che dai rispettivi discendenti e sono: Libera Gruosso, sopr. Lìbira Murante, coordinatrice e responsabile del reperimento dei cantatori; Angela Paduano, sopr. ‘Ngiulìna Tagliacòcci; Filomena Santosuosso, sopr. Filumèna Minilìccu; Viola Racioppi, sopr. Turzillu, di Apice (Bn); Giuseppina Iannone, sopr. Giusèppa di Ciórla, coniugata Pappano; Giuseppina Iannone, sopr. Pippinèlla Vintidóji, coniugata La Vigna; Rosa di Maggio; Speranza Giammito, sopr. Spirànza Sciabuléssa; Teresa o Antonietta Narra; Silvio Giammito; Domenico Iorillo, sopr. Mingùcciu Malannàta, fisarmonicista.