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Politica

MORTE MARCO SIMONCELLI. L'ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA

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In questi giorni è impossibile parlare d'altro. Marco Simoncelli, non c'è più. Si è spento all'età di 24 anni un campione nello sport ma soprattutto nella vita. Vincitore del mondiale classe 250 nel 2008, era impegnato quest'anno nel mondiale moto GP come quarta guida ufficiale del team Honda ma soprattutto era un ragazzone solare e sempre allegro, un pilota vecchio stampo, cresciuto a pane e motori nei paddock di tutto il mondo. Sicuramente il talento più esplosivo della stagione ancora in corso. Introduzione doverosa per salutare il funambolo di Coriano, la cui morte ha lasciato tutto il mondo

con l'amaro in bocca. Però, personalmente, quando guardo i servizi alla TV o leggo gli articoli sui giornali non mi vengono le lacrime agli occhi pensando alle battute di Sic, la mia reazione è un'altra. Provo un senso di rabbia verso il mondo dell'informazione che sta facendo della tragedia di una famiglia Romagnola un fenomeno mediatico, senza pudore. Senza rispetto innanzitutto verso i suoi familiari che sono costretti, oltre che a sopportare un peso del genere, a non poter avere ormai più un momento di raccoglimento senza essere assaliti dai giornalisti di tutta Italia finanche in casa loro. Senza rispetto verso di lui e verso i suoi colleghi Edwards e Rossi, coinvolti nell'incidente fatale, per cercare di capire chi dei due gli abbia procurato la lesione al collo che lo ha stroncato sul colpo. Facendo rivedere lo stesso filmato straziante in cui il povero Marco viene travolto, perde il casco e rimane faccia a terra sull'asfalto del circuito di Sepang prima di essere soccorso da alcuni paramedici del posto che lo faranno anche cadere dalla barella. Filmato inevitabilmente, accompagnato da un altro in cui si osserva Valentino Rossi piangere e spiegare la dinamica dell'accaduto, disperandosi per essersi accorto di aver investito il collega e amico di una vita. Considerando, inoltre, che ormai non si può più entrare in un luogo pubblico senza osservare accese dissertazioni filosofiche su come abbia fatto a morire e perché il primogenito della famiglia Simoncelli, come se egli sia tenuto ad intrattenerci anche da morto. Ma infine e non per importanza senza rispetto verso l'opinione pubblica e verso chi dal fattaccio non è stato colpito direttamente. Perché i media non parlano d'altro ma al mondo l'informazione non serve solo per il chiacchiericcio da bar dello sport, questa serve soprattutto per tenerci al corrente su quello che accade lontano dai nostri occhi e affinché gli sforzi collettivi, anche solo intellettuali, vertano tutti nella stessa direzione risolutiva. Inoltre, soprattutto perché, purtroppo evidentemente solo secondo il parere dello scrivente, non esistono morti di serie A e di serie B. Ogni giorno si spengono decine di vite, a volte di ragazzi giovani e puliti come Marco, a volte in modo orribile, ma queste passano inosservate perché il loro destino non gli aveva dato la possibilità di domare una moto da 250 cavalli. Ma alle loro famiglie e ai loro amici mancheranno allo stesso modo. Almeno i morti lasciamoli in pace.

Giammarco D'Alelio