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Back Sei qui: Home Notizie Costume&Società I Guernica. Un band che non si arrende alle leggi dei discografici e si autoproduce

Politica

I Guernica. Un band che non si arrende alle leggi dei discografici e si autoproduce

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AVELLINO - Hanno tra i 33 ed i 40 anni, suonano insieme da 10, possono già vantare la pubblicazione di 3 album e stanno lavorando al quarto, che, sperano, possa uscire entro la fine del 2011. Sono i Guernica, una delle band avellinesi più interessanti degli ultimi anni. Il nucleo originario del gruppo è composto da: Tony D'Alessio, cantante, Goffredo De Prisco, pianista e chitarrista, Massimo Testa, chitarrista, Diego Iannaccone, bassista ed Enzo Scorzeto, batterista. A questi cinque elementi, poi, si aggiungono altri musicisti nelle esibizioni live e nella registrazione dei loro pezzi, come il

violoncellista Enzo Di Somma ed il chitarrista, mandolinista ed addetto ai campionamenti, Antonio Iandolo. Il social network del momento, Facebook, definirebbe la loro una relazione aperta, perchè ogni membro dei Guernica collabora anche con altri gruppi e compagnie teatrali, televisive e musicali.
Ai Guernica piace unire la musica ad altre arti, soprattutto figurative, ed, infatti, il nome del gruppo si ispira al celebre quadro di Picasso, "Guernica" appunto, che raffigura la distruzione dell'omonima città basca durante la guerra civile spagnola. L'opera, però, non presenta elementi che rimandano ad un luogo ed a un tempo precisi, perciò può essere assimilata a qualunque evento catastrofico. Ed è proprio questo quello che fa la band avellinese quando vede rispecchiata nel dipinto del pittore spagnolo l'Avellino devastata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale prima e dal terremoto del 1980 poi. I Guernica hanno alle spalle anni di gavetta a stretto contatto con il pubblico e grazie ai quali sono riusciti a ritagliarsi un posto di tutto rispetto nel panorama musicale locale, puntando sull'ormai rara dote dell'originalità. Sono riconoscibili, in un mondo che tende, invece, ad omologare ed a cercare facili emulazioni. Tutto questo, però, non gli ha permesso di avere un'etichetta musicale, perciò si autoproducono. Nonostante i loro lavori siano realizzati in maniera indipendente hanno avuto un ottimo riscontro da parte del pubblico e della critica, anche estera. Per loro la musica è "comunicazione, è un linguaggio universalmente comprensibile che se usato bene riesce ad esprimere più della parola". Ed il loro è un work in progress, un continuo apprendimento ed una continua ricerca di stili, abbinamenti, sonorità inesplorate, da cui deriva una proposta musicale sempre variegata e mai banale. Amano le contaminazioni tra generi differenti, nella convinzione che l'apertura a qualunque nuovo tipo di sperimentazione aiuti a crescere e ad ampliare la propria visuale del mondo. Al contrario, detestano le etichettature e le classificazioni di ogni sorta, in quanto queste tendono a limitare ciò che descrivono, perciò se gli si chiede di definire la loro musica dicono che "non può essere catalogata, perchè è un crossover, una fusione ed attraversamento di più generi: rock, heavy metal, blues, musica classica, jazz, rap". I loro brani esplorano a 360 gradi tutte le sfumature, anche impercettibili, dell'animo umano, passando dalla rabbia all'amore, dalla passione alla riflessione, dall'ironia all'introspezione. Per i Guernica "non è compito del musicista imprimere il senso ad una canzone, ma questa deve prestarsi alla libera interpretazione da parte di chi la ascolta. Il fruitore deve far propria la canzone, vestirla, sentirla sua, deve poterla immaginare come un insieme di pezzi da assemblare a proprio piacimento, secondo le emozioni del momento, e non come un pacchetto preconfezionato". Malgrado abbiamo maturato, ormai, una solida e lunga esperienza sul campo, non si definiscono artisti, ma "amanti del loro lavoro", e con la musica hanno un rapporto di scambio reciproco: si dedicano ad essa anima e corpo, mettendosi umilmente al suo servizio e traendo da essa le energie necessarie, non solo in senso figurato, per vivere. Perchè, come scrisse il ceco Milan Kundera, «un uomo non può essere ebbro di un romanzo o di un quadro, ma può ubriacarsi della Nona di Beethoven, della Sonata per due pianoforti e percussione di Bartók o di una canzone dei Beatles». I Guernica sono artigiani della musica. Come solo i veri professionisti sanno fare non lasciano mai nulla al caso, ma curano ogni singolo particolare nei minimi dettagli: i testi, le musiche, gli arrangiamenti. Sono maturi sia dal punto di vista compositivo sia dal punto di vista esecutivo e, nelle loro canzoni, riescono a raggiungere il giusto compromesso tra dimensione intimista e profonda e denuncia sociale. Suonano in locali, piazze, festival. Nel settembre 2002 hanno aperto, come ospiti, il "Royal Rock Festival", concorso per gruppi emergenti di Caserta, con i Linea 77 di Torino. Sono seguite numerose esperienze live in alcune tra le più importanti piazze della Campania, grazie alla collaborazione con alcune istituzioni locali e non. Inoltre, la band vanta numerose esperienze teatrali-musicali con il supporto di attori locali, tra cui Giuseppe Pavarese, con il quale il gruppo ha prodotto due spettacoli di teatro-musica , il primo dal titolo "Scatole" (monologo musicato sulla condizione esistenziale dell'uomo moderno) ed il secondo dal titolo "Del Menandro Dissocratico" (dissacrante, ironico, leggero). Hanno vinto vari premi, tra cui, nel 2009, un contratto per la diffusione dei loro dischi via Internet e la partecipazione ad una compilation pubblicata dalla "Nott Records" di Bologna, etichetta che fa capo al C.S.A. (Centro Sviluppo Artisti), legato a stretto giro con la "Music Academy".

 

I.: "Quando sono nati i Guernica?Come si compone il vostro repertorio?"
G.: «Con l'attuale formazione, i Guernica sono nati nel 2002, ma, ad eccezione di Tony, che si è inserito in seguito, già suonavamo insieme dal 1994. All'inizio suonavamo esclusivamente cover, poi, abbiamo iniziato a comporre canzoni, ed oggi ci esibiamo presentando solo i brani scritti da noi. Finora abbiamo inciso, in forma di auto-produzione, 3 album. Il primo, "Senza censure" è stato registrato nell'aprile del 2002 presso lo Zapping Sound studio di Salvatore Salierno a Nocera Inferiore (SA) ed è un ep di 6 pezzi, elettrico, rock e con un pezzo acustico. Il titolo scelto per il nostro album di debutto sottolinea la nostra volontà di mettere da parte schemi, etichette, convenzioni, obbedendo semplicemente agli istinti, a ciò che c'è di più autentico nell' uomo. Il secondo album, "Senza sudare", è un ep acustico di 5 pezzi del 2003, mentre l'ultimo, si chiama "Guernica", è del 2005, comprende 10 brani ed è elettrico con un paio di pezzi acustici. Dei tre dischi abbiamo venduto circa 3000 copie contando solo sull'attività live».

 

 

I.: "Quando e come vi siete avvicinati al mondo della musica?"
G.: «La musica l'abbiamo sempre amata, sin da piccoli, ma abbiamo iniziato ad avvicinarci ad essa in maniera più consapevole solo nel periodo dell'adolescenza, quando abbiamo scoperto generi snobbati dalle radio, canzoni del passato che ci hanno permesso di ampliare le nostre conoscenze artistiche e di scoprire un panorama completo della musica dal secondo dopoguerra ad oggi. In particolare, siamo rimasti piacevolmente colpiti dai gruppi rock progressive italiani degli anni Settanta, come gli "Area" ed il "Banco del mutuo soccorso", che si ispiravano al progressive proponendo brani lunghi e strutturati, testi sofisticati con frequenti riferimenti alla mitologia, al fantasy ed al fantastico, contaminazione con la musica classica, grande enfasi sulle tastiere e soluzioni ritmiche complesse. La musica italiana degli anni '70 era superiore a livello compositivo rispetto a quella odierna. Oltre agli artisti progressive italiani, abbiamo molte muse ispiratrici per la composizione dei nostri brani. Solo per citarne alcune: i "Rage against the machine", i "Tool", ma anche gli "Elio e le Storie Tese", i "Faith No More", Bjork, i "King Crimson"».

 

 

I.: "Quanto siete legati alle vostre canzoni? Qual è il vostro brano a cui siete più legati? Perchè?"
G.: «Siamo legati a tutti i nostri pezzi, perchè li abbiamo scritti, quindi li abbiamo visti nascere, ed ognuno di essi ha una propria storia. In particolare, però, siamo legati a due canzoni: la prima canzone che abbiamo scritto, "Medea", contenuta nel nostro primo album e che è ispirata al film di Pasolini, il quale a sua volta si rifà al mito greco. Medea è un personaggio controverso. Il suo nome in greco significa "astuzie, scaltrezze", infatti la tradizione la descrive come una maga dotata di poteri divini. Medea è la vendicativa tentatrice, simbolo dell'egoismo sociale e della società dell'immagine, assimilabile ad una prestigiosa major che ti riempie di soldi e ti svuota di contenuti. L'altra canzone a cui siamo affezionati è "Les yeux" (letteralmente "L'occhio"), contenuta nell'album "Guernica". E' una metafora di cui il protagonista è un ciclope, un gigante che vede il mondo da un occhio solo... non vi diciamo altro».

 

 

I.: "Quanti concerti fate? Siete soddisfatti dei risultati raggiunti finora?"
G.: «Purtroppo non facciamo tantissimi concerti, perchè ad Avellino e al Sud in generale sono pochi i posti che fanno suonare gruppi che presentano pezzi loro, la scelta cade di conseguenza su chi propone cover e quindi musica che la gente già conosce. Nonostante questo, non possiamo lamentarci. Abbiamo un discreto seguito ed abbiamo ricevuto numerose recensioni positive, sia in Italia che all'estero, dei nostri lavori. Inoltre, il fatto di non essere legati ad un'etichetta discografica ci permette di decidere autonomanente che cosa pubblicare, e questo, per noi, è un grande vantaggio, perchè, in questo modo, siamo svincolati da ogni logica di potere».

 

 

I.: "Ad Avellino c'è spazio per la musica?"
G.: «Astrattamente sì, perchè le potenzialità ci sono, e sono molte più di quelle che si possa immaginare, ma sono sfruttate poco e male dalle istituzioni che non hanno volontà ed interessi a farlo. La poca attenzione nei confronti dell'ambiente artistico, ed in particolare dell'ambiente musicale, che c'è a livello pubblico è dovuta al fatto che si perseguono gli interessi personalistici, trascurando quelli della collettività. E questo è, al tempo stesso, un peccato ed un errore. E' un errore, perchè la musica è un tassello fondamentale della cultura di un Paese ed, in quanto tale, va tenuto nella giusta considerazione. Ed è un peccato, perchè sono numerosi gli artisti validi presenti sul nostro territorio i quali, poi, poichè sono del tutto ignorati si vedono costretti ad andar via da qui, se intendono proseguire concretamente la loro strada artistica. Possiamo citare ad esempio il chitarrista jazz Vittorio Silvestri, musicista di fama internazionale che ora vive in Francia. Affinchè la musica possa svilupparsi ci vorrebbero un contesto migliore ed un mercato più giusto, non piegato alle logiche di potere, ma sappiamo bene che questa è solo un'utopia, visto che la più grande fetta del mercato discografico è in mano a poche etichette che si comportano come multinazionali. Ci vorrebbero più spazi, più strutture, maggiore organizzazione e volontà di valorizzare le risorse a disposizione. Inoltre, andrebbero presentati progetti validi dal punto di vista artistico e culturale (teatro, musical, mostre), e non esclusivamente cartelloni commerciali. I fondi ci sono, ma sono utilizzati male».

 

 

I.: "Ad Avellino si investe abbastanza sui giovani?"
G.: «Purtroppo oggi non si investe abbastanza sui giovani e, questo, non è un problema limitato esclusivamente al nostro territorio, ma riguarda l'Italia in generale che è, ormai, a crescita zero. A livello pubblico i ragazzi non sono valorizzati. C'è solo l'iniziativa privata di alcuni che gli permette, seppur limitatamente, di coltivare le loro passioni. Ed è proprio per fornire ai giovani irpini un punto di riferimento e gli strumenti necessari alla loro crescita artistica (tutte cose che, invece, a noi sono mancate quando abbiamo iniziato a suonare) che abbiamo deciso di fondare, insieme ad Edoardo Lombardi, fonico e chitarrista, "LA MELA DI ODESSA". La "Mela di Odessa " è un'associazione culturale musicale, nata col preciso scopo di occuparsi della musica a 360 gradi e di valorizzare le risorse artistiche presenti sul territorio, rendendo accessibile a tutti lo studio ed il perfezionamento della tecnica musicale e delle arti in genere. E', innanzitutto. una scuola di musica, rivolta sia all'area classica (arpa, canto lirico, chitarra classica, flauto traverso, violino, ecc.) sia all'area moderna (pop, blues, rock, jazz, ecc.), ma è anche una sala di registrazione, sala prove e si occupa dell'organizzazione di eventi culturali e musicali. Inoltre, il nostro corpo docente, sempre disponibile alla sperimentazione, si è impegnato nell'ideazione di numerosi laboratori, aperti a tutti: dizione e tecniche di comunicazione verbale, dubbing e live electronics, HD recording, tecnico del suono, danze e ritmi etnico-popolari, teatro-musica, sono solo alcuni dei tanti laboratori proposti. "La Mela di Odessa" è nata nel 2009, ma è attiva dal 2010 e già conta numerosi allievi, di età compresa tra i 6 ed i 65 anni. Il nostro staff è composto da circa 50 elementi, ciascuno specializzato nel proprio settore, ed è in grado di soddisfare le esigenze di chi ambisce a fare della musica una professione, ma anche di chi vuole semplicemente coltivare una passione. Abbiamo deciso di chiamare così la nostra associazione ispirandoci ad una canzone degli AREA, "La Mela di Odessa", appunto, imperniata sulla storia di una mela che, a cavallo di una foglia, va alla scoperta del mondo. Ciò che la foglia e la mela sono, la loro costituzione naturale comporta il giudizio che esprimono: la foglia, che è piatta, vede il mondo piatto, perciò è ottusa e affonda, mentre la mela, che è tonda, vede il mondo tondo e prosegue nel suo viaggio. Questa canzone è una metafora della visione del mondo: chi è ottuso e pensa che il mondo sia piatto non riesce a guardare al di là del suo naso, invece, chi ha una mente aperta e pensa che il mondo sia tondo è di ampie vedute e non limitato».

 

 

I.: "Pregi e difetti di Avellino"
G.: «Per quel che riguarda i pregi, Avellino ha grandi potenzialità, sia a livello umano che come risorse del territorio. E' un'oasi "felice" in Campania: ha una natura meravigliosa che, però, andrebbe maggiormente valorizzata. I difetti principali di Avellino, invece, sono che è un circuito chiuso, ci si adegua lentamente ai cambiamenti e si presta poca attenzione alla vita sociale e culturale della città».

 

 

I.: "Sogni, desideri, progetti futuri. Come e dove vi vedete tra 20 anni?"
G.: «Il nostro progetto futuro, nell'immediato, è la registrazione del nostro prossimo album che, speriamo, esca entro la fine del 2011. Per quel che riguarda i programmi più a lungo termine, chissà... forse tra 20 anni saremo sempre ad Avellino, e sempre impegnati a suonare e ad insegnare musica, proprio come facciamo adesso».

 

I.: "Gli artisti sono scaramantici. Voi lo siete?"

G.: «A parte le solite frasi di rito pronunciate prima di salire sul palco e di esibirci, non abbiamo particolari riti scaramantici».