MELODIE DEL PASSATO CON IL PROF. DIONIGI SANTORO.
- Dettagli
- Pubblicato Mercoledì, 16 Gennaio 2013 11:24
- Scritto da Gianluca Cardinale
Carife (AV) - In una tiepida giornata invernale ci rechiamo presso l'abitazione del Prof. Dionigi Santoro il quale ci accoglie in casa con cortesia ed ospitalità e da subito rimaniamo sbalorditi dalla miriade di oggetti di vario genere che si presentano alla nostra vista: vecchie maioliche, centinaia di libri, foto, manifesti, oggetti in ceramica ed una vasta gamma di strumenti musicali. Dopo un buon caffè ed un assaggio di castagnaccio, offerti dalla signora di casa, il professore ci porta con sé nel suo mondo. - VIDEO -
Gli chiediamo, per prima cosa, come ha avuto inizio questa passione per le musiche popolari e per gli strumenti. Ci risponde che il vero esperto era suo padre che costruiva e suonava i suoi strumenti, il quale prima di morire gli disse: "vir ca a casa stann tutt chiri strumient, nu r fa nfracità!" (Vedi che a casa ci sono tutti quegli strumenti, non farli marcire!). Da quel momento la vita del professore subì un radicale cambiamento, che dopo anni di ricerche e studi lo ha portato a diventare un esperto in materia, al punto di suonare spesso anche all'estero. Il nostro sguardo volge inevitabilmente al manifesto scritto in lingua slava, inerente un festival musicale, che adorna una parete della stanza dove ci troviamo. Nel frattempo tira fuori un manipolo di vecchie foto da cui ne estrapola una di suo padre.
L'anziano signore, che sfoggiava un paio di grossi baffi secondo le usanze dell'epoca, veniva ritratto mentre suonava il suo amato organetto durante una cerimonia. Neanche il tempo di guardare bene la foto che ci rendiamo conto lo strumento sopra citato ci osserva silenzioso dall'alto di una mensola. Ciaramelle, zampogne e flauti di vario genere fanno buona compagnia all'organetto. Continuando, il prof. Santoro ci mostra, prima, un fischietto in terracotta, poi ci fa ascoltare una tarantella eseguita con un flauto di canna costruito artigianalmente. Gli chiediamo notizie sulle tecniche di costruzione degli strumenti negli anni passati. Mostrandoci un altro flauto, ci spiega che questo come anche gli altri, ha origine nel mondo agro-pastorale, in quanto i pastori durante le tante ore passate a sorvegliare le pecore al pascolo, impiegavano il loro tempo costruendo questi strumenti ed imparando a suonarli. A tale proposito, c'è da dire che le zampogne, le ciaramelle, i flauti, le nacchere, le tammorre, i tamburelli ecc. sono strumenti antichissimi. Questi sono composti da vari elementi: ad esempio, la zampogna è costituita da un insufflatore, da un otre, da un ceppo o testata e dalle canne sonore o chanters. Ogni canna sonora ha alla punta un'ancia costituita da due lamelle che vibrano e producono il suono che poi viene modulato mediante i fori. Anticamente le ance erano di canna, mentre attualmente per costruirle viene utilizzata la plastica. Con le ance di canna bastava una variazione di temperatura e/o di umidità ed il suono non risultava più accordato. Da qui il famoso detto popolare secondo cui i pastori dopo aver costruito lo strumento, passavano metà del tempo ad accordarlo e l'altra metà a suonare in modo stonato! Quando nei primi decenni dell'Ottocento fu inventato l'organetto che ha le ance metalliche, siccome rimaneva sempre accordato, la maggior parte dei suonatori abbandonò la zampogna e cominciò a suonare l'organetto trasportando le musiche per zampogna sull'organetto. Da qualche decennio c'è stata la rivalutazione della zampogna anche grazie al fatto che oggi si utilizzano ance di plastica che conservano l'accordatura. Le musiche venivano suonate soprattutto durante le festività come ad esempio durante la festa per l'uccisione del maiale. Il professore ci racconta inoltre che i pastori ed i vari musicanti del tempo che fu, spesso non conoscevano neanche le note musicali e suonavano, quindi, ad orecchio. In questo modo le melodie sono arrivate fino a noi attraverso i secoli. Tra una melodia ed un'altra, la mattinata è volata e ci accingiamo ad andare via, consci di aver fatto grazie al professore, un tuffo nel passato che ha dato origine alla nostra realtà territoriale.