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Back Sei qui: Home Città Tutte le Notizie Avellino Attualità Procopio: politica inaccessibile per i giovani precari

Procopio: politica inaccessibile per i giovani precari

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Intervista al dirigente provinciale del Partito Democratico. Duro affondo contro il sistema dei partiti che ormai non garantisce più la selezione dei migliori. Vanno avanti le classi anziane con stipendi sicuri. I giovani precari restano alla porta perché non possono permettersi il costo della politica. 
Fabrizio Procopio, a metà maggio di quest'anno intervenivi all'assemblea provinciale del PD sulla questione generazionale. Un intervento duro, ma appassionato, sentito e apprezzato al punto che buona parte dei Giovani Democratici provinciali l'hanno elevato a manifesto. A quasi sei mesi da quell'intervento non pare essere cambiato molto. Cosa è successo? Il pensiero non è diventato azione?

"No, il pensiero non è diventato azione proprio per niente, e credo che sarà davvero difficile che lo diventi. La mia era un'analisi insieme a una prospettiva, non una assicurazione di risultato. Tuttavia, senza tergiversare devo dire che la politica la si capisce solo praticandola. Chi, da fuori ai partiti, si riempie la bocca di chiacchiere si copre solo di ridicolo. La gente dovrebbe partecipare. A me piace la politica e la faccio da quando avevo 16 anni. Tuttavia, andrebbe fatta anche se non piace. E' un dovere. E oggi, dopo un percorso articolato devo dire che la situazione appare in sospensione. Il sistema ha creato tutte le blindature necessarie per auto-tutelarsi e sopravvivere. Probabilmente sarebbe stato strano il contrario. Chi negli anni '60 e '70 è riuscito nell'impresa di innovare la politica irrompendo nelle stanze dei bottoni e portando un sentimento giovanile, ha anche pensato di chiudersi dentro, con tutte le precauzioni possibili affinché la cosa non si ripetesse in futuro. Loro sanno bene come si sfondano le porte, e quindi sanno come non fare la fine degli sfondati. Pertanto hanno blindato tutto a prova di collaudo"

Va bene però i giovani cosa fanno per provare a sfondare, per poter "uccidere i padri"? sono parole tue...

"La questione è proprio qui. Per poter uccidere i padri servono tre cose precise: la capacità, la volontà e gli strumenti. Sono tutti e tre elementi indispensabili. Se ne manca uno l'operazione salta e la politica resta come immersa nella carbonite, una intera generazione resta nella carbonite. Ora le capacità e le competenze non mancano, la volontà di fare ingresso in politica c'è, quello che manca sono gli strumenti.

Quali sarebbero questi strumenti?

Chi si è interessato, anche poco, con ruoli dirigenziali in politica sa perfettamente che i costi da sostenere sono esorbitanti. Qualche decennio fa era diverso. Esistevano i tesorieri di partito che gestivano per davvero il tesoro del partito. Esso era costituito da ingressi di varia natura come il famoso 50% degli stipendi e delle prebende, e da ingressi meno legali di altra provenienza. Questi ultimi tuttavia andavano al partito, non in tasca di qualcuno, questo va detto. Era il finanziamento lecito e illecito dei partiti. Con quei soldi era garantita la sopravvivenza economica e quindi l'autonomia della politica dagli individui singoli. Oggi un segretario, o un dirigente provinciale deve sostenere i costi della politica di tasca propria. Se si volesse fare un conto dei costi minimi per esercitare al minimo le funzioni siamo attorno ai 400-500 euro mese, divisi in vari capitoli come telefonia, pedaggi autostradali, benzina, giornali, giornate di lavoro perse e altri oneri aggiuntivi, senza calcolare eventuali costi di sedi e bollette. Questi sono i costi per un segretario il quale deve godere ovviamente di una condizione di vita stabile che gli consenta di dedicare a dir poco 2-3 ore al giorno al partito e alle vicende della politica. Data questa situazione mettiamo fuori dai giochi tutti coloro che non possono permettersi quella cifra, tutti coloro che hanno un lavoro magari incerto o che li impegna tutta la giornata. I precari che ancora resistono nei partiti sono solo degli eroi testardi. La politica è fatta per chi lavora stabilmente e senza turnazione dalle 8 alle 14, per i pensionati, gli impiegati, i bancari, per buona parte degli statali, professori, dottori, funzionari, professionisti benestanti, per chi vive di rendita, chi è a fine carriera lavorativa, in poche parole per tutti coloro che non sono né precari, né inoccupati, né disoccupati. A conti fatti questo sistema ha messo alla porta buona parte della popolazione che va dai 20 ai 45 anni. Queste persone sono tassativamente escluse dall'attività politica. Non gli è materialmente concesso.

Va bene, sarà anche così, ma se uno è bravo, si candida e poi con lo stipendio riesce a inserirsi nella politica e svecchiare partiti e sistema, non credi?

Candidarsi? Mi viene veramente da ridere. Ma si ha una vaga idea di quanto costa una candidatura? Per provarci solo come sindaco di una piccola cittadina serve una cifra da rischiare che parte da una base di 20.000 euro. Io ho fatto il mandatario politico per la campagna di Bevere a sindaco. So perfettamente di cosa parlo. Oggi candidarsi alle regionali costa 70.000 euro. Per non parlare di una campagna al parlamento. Decenni fa quando si doveva scegliere un candidato lo si faceva con la massima libertà. I dirigenti di un partito avevano disponibile tutta la platea dei tesserati fra cui scegliere. Tutti erano candidabili. Si poteva scegliere senza filtri, senza setaccio, il miglior candidato in assoluto, il più bravo, l'eccellenza, il migliore, quello che aveva più possibilità, e volendo poteva anche essere un disoccupato diciottenne figlio di nessuno. Dopo la scelta, il responsabile della campagna elettorale ordinava manifesti e tutto il resto necessario. Poi il tesoriere liquidava i creditori coi soldi del partito. Era davvero la selezione dei migliori, una politica libera basata sull'eccellenza.

Oggi invece come funziona?

Oggi invece siamo tornati in meno di 20 anni alla politica del censo. Il medioevo. Sono candidabili solo una cerchia ristrettissima di persone. Se qualcuno proponesse di candidare un precario trentenne, uno bravo, ambizioso e capace ma con una vita costantemente in bilico, cioè buona parte dei giovani, bene la proposta di quel nome cadrebbe in meno di 5 secondi. Dove li andrebbe a prendere quei soldi per una campagna elettorale? Soldi che poi vanno rischiati, attenzione, mica si viene eletti al 100%. Oggi per scegliere i candidati prima si screma, si identificano coloro che possono permettersi di giocarsi migliaia e migliaia di euro in contanti o con un mutuo, e poi fra quelli che hanno questo requisito economico si sceglie il migliore. Ề riduttivo non credi? Ề più facile trovare uno bravo e che possa cambiare in meglio le cose fra 1000 oppure fra 10?

Si dovrebbe cambiare l'intero sistema quindi?

Ma ovviamente chi può cambiare le cose, mi riferisco a chi governa e decide, chi costruisce i meccanismi, non si muove per legittima, o almeno comprensibile, autotutela. Altrimenti che casta sarebbe?

Ok, d'accordo, i partiti non hanno più i soldi di una volta, ma almeno nel PD gli stipendi vengono versati al 50% nelle casse del partito, quindi i soldi ci sono.

Io non credo che questo avvenga sempre e, se lo vuoi sapere, se qualcuno o tutti si rifiutano di dare metà stipendio al partito non riesco a dargli del tutto torto. I soldi rischiati e spesi per la campagna elettorale non li ha mica sborsati il partito. Perché mai adesso queste persone dovrebbero riconoscere al partito metà del proprio onorario? Prima sì, si poteva pretenderlo. Pagava e rischiava il partito. Ma oggi no. Rischiano in proprio. E comunque con il 50% dello stipendio di un parlamentare nazionale e di uno regionale, con i contributi dei tesseramenti e poche altre entrate non si copre nemmeno il 20-30% dei costi delle attività politiche provinciali. Una sede dignitosa, ad esempio ad Ariano Irpino o Avellino, costa almeno 400 euro mese più le bollette, poi i manifesti per le iniziative eccetera. Chi le paga? Il segretario precario? Il candidato giovane disoccupato?

Però ci sono esempi che dicono il contrario. Matteo Renzi ad esempio, classe 1975, è sindaco di Firenze ed ha la  tua stessa età, sbaglio?

Sulla mia classe non sbagli, ma ti sbagli su Renzi però. Renzi ha una famiglia ricca alle spalle. Se il superenalotto delle primarie a Firenze gli andava male, poteva salutare tutti e tornare a lavorare il giorno dopo, pagato profumatamente nell'azienda di famiglia. E poi da noi c'è il problema degli universitari. I giovani li esportiamo, mica li importiamo. Partono per studiare, tornano nei fine-settimana. Non si può fare la lotta politica del rinnovamento nel week-end o nelle feste comandate. Poi trovano lavoro lontano e su 10 ne ritornano ad Ariano forse un paio. Prima i giovani restavano dove nascevano e l'università era per pochi, oggi invece sono una minoranza numerica rispetto ai genitori. Diversamente dagli anni '60 e '70, oggi ogni padre e madre insieme fanno in media un figlio per cui i giovani sono approssimativamente la metà dei vecchi: 66% contro il 33% cioè una larga minoranza.

Per chiudere, una speranza c'è?

La speranza è quella di riuscire a creare una rete forte di relazioni, amicizie, fiducie, che possano sostenere in tutto e non solo a chiacchiere un sentimento di novità, un'emozione politica, un'idea di città, di provincia, di regione e di paese oltre che di stare insieme diversa. Si può giocare solo suoi grandi numeri, sul coinvolgimento e sostegno di massa, anche via internet. Però, devo dire, con lo scoraggiamento e la disillusione che serpeggia in giro la vedo dura. Diversamente possiamo solo aspettare un Matteo Renzi irpino, ricco, simpatico e magari della Valle Ufita.