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Politica

Perché studiare? lettera aperta di una studentessa

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L'Unisannio non molla: siamo un piccolo Ateneo, ma che funziona, e bene! Nella giornata di ieri, nell'Assemblea tenutasi nell'aula G12 del palazzo Giannone, si è raggiunto un grande obiettivo: la collaborazione e cooperazione di due facce della stessa medaglia. 

Una giornata decisiva in cui i docenti e i ricercatori hanno, dapprima illustrato le possibili conseguenze del Ddl Gelmini, per poi instaurare un dibattito con gli studenti, i quali inizialmente scettici, hanno successivamente ascoltato le motivazioni della protesta, maturando l'idea non sia di per sé sbagliata, essendo essa stessa non finalizzata al presente, ma contestualizzabile in un non troppo remoto futuro. E quale migliore specchio del futuro se non noi studenti di oggi? Tagli all'istruzione è sinonimo di abbassamento del livello culturale della nostra Nazione. Da sempre l'Italia, ed in particolare il Sud, ha fatto leva sulla sua forza intellettiva, primeggiando fra le Nazioni europee, grazie al diritto allo studio e alla presenza della Scuola pubblica. Lo studio è un diritto, e quindi come tale deve essere concesso a tutti i cittadini italiani, senza selezione in base all'estrazione sociale. Con questa riforma, come spesso accade in Italia, si va a ledere sempre la classe più debole, quella medio/bassa. Perché la deve fare da padrone sempre il Dio danaro? Perché il criterio di selezione deve essere il reddito e non la meritocrazia? In questo modo si tagliano le gambe alle possibili grandi menti di domani, a quelli menti che non per loro volere sono nate in famiglie non borghesi, ma pur sempre famiglie! Assistiamo già in amaro silenzio, ma con grande soddisfazione, alle ricerche scientifiche condotte all'estero da grandi menti italiane. Si sente tanto parlare di fuga di cervelli, cervelli italiani, costretti ad espatriare perché lo Stato italiano non li mette in condizione di mettere a frutto il proprio sapere. Menti "nutrite" in Italia, la quale investe (poco) sul loro formazione, per poi lasciarle scappare per un quid in più, che potrebbe portare ulteriore prestigio alla Nazione. Noi produciamo dal nulla un qualcosa di grande, e lo regaliamo al resto del mondo. Tutto ciò m'indigna! C'è un contro senso abissale: lo Stato italiano, investe mediamente su uno studente, dall'età di tre anni fino ad un'età di venticinque, il tutto con soldi statali, cioè nostri, per poi mandarli chissà dove a produrre Nobel o scoperte di rilevanza scientifica di indubbia validità. Dobbiamo realmente limitarci alla cosiddetta Scuola dell'obbligo? Inoltre, non possiamo dimenticare il grave clima di deficit economico che aleggia nel Paese, Paese in cui una laurea è considerata ormai alla stregua di un diploma in ambito lavorativo. Appena 10 anni fa, sostenere la maturità da ragioniere, garantiva un posto modesto ma sicuro, ora una Laurea specialistica in Economia non fa lo stesso. Gli studenti così si trovano ad affrontare corsi di laurea triennali, specialistiche e master, evidenziando ulteriormente il fallimentare piano delle cosiddette lauree brevi. Amaramente, dobbiamo dare una volta ragione alla saggezza latina : " Studere, studere, post mortem quid valere ? ".