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Il Tratturo tra Buonalbergo e Casalbore

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Il tratturo ai tempi del Sannio antico, oltre che una reale via d’erba che potevano percorrere gli animali, valeva come simbolo dell’unione prima di tutto sacrale e poi culturale e politica delle diverse tribù dello stesso ceppo etnico che si erano andate diversificando nel tempo e nello spazio nelle due culture materiali dei pastori e degli agricoltori.

Era la loro un’economia complementare che permetteva la reciproca sopravvivenza di allevatori e coltivatori in un territorio in prevalenza montuoso, aspro e molto freddo d’inverno, e con scarsi pianori coltivabili non molto fertili. Fondamento essenziale di quest’economia primitiva era perciò l’allevamento che avveniva con lo spostamento alternato in primavera e in autunno di milioni di capi di bestiame (pecore e capre, in prevalenza, ma anche buoi, maiali e cavalli) dai monti alle pianure, e viceversa, attraverso il vasto territorio compreso tra l’attuale Abruzzo e il Tavoliere pugliese

I tratturi erano vie d’erba su terreni non fangosi aperti molto probabilmente dagli stessi animali che a branchi si spostavano alla ricerca dei pascoli, quando l’uomo del Neolitico si limitava a seguirli per cacciarli. Poi, con il susseguirsi delle varie civiltà (quella appenninica, i Sanniti, i Romani, ecc.) nel territorio attraversato dai maggiori tracciati, la transumanza fu organizzata e sfruttata economicamente, come è avvenuto sino a circa metà del secolo appena trascorso. “Sergenti” al comando dei pastori erano quei grandi e lanosi cani bianchi, selezionati anticamente e utilizzati ancora oggi per guidare le greggi: i cani di razza abruzzese.
Lungo il tratturo sorgevano le stazioni di sosta per il riposo di animali e uomini e per lo scambio di prodotti con gli agricoltori (lana, pelli, carne, formaggi, cuccioli contro cereali, olio e vino, e, su un piano solo per noi più elevato: lo scambio matrimoniale). Si svolgevano in quella occasione anche le varie ritualità ordinarie di tipo religioso (v. scheda su “Le Bolle della Malvizza”), politico e civile che cementavano la federazione delle diverse tribù sannite in tempo di pace. In guerra scattavano altri appuntamenti e riti propiziatori. Le stazioni di sosta erano quasi sempre comprese all’interno degli “oppida”. Piccoli centri urbani caratterizzati da un reticolo di vicoli contorti e stretti per poter controllare il deflusso delle greggi, dalla presenza di sorgenti abbondanti d’acqua, e difese da cinte di mura dette “ciclopiche” (mura di grosse pietre poste in opera a secco), le quali, dove possibile, venivano addossate a rocce, se non erano sostituite magari a tratti da queste quando erano inaccessibili naturalmente a nemici o a gruppi di predatori.
Gli “oppida” (sempre visibili tra loro almeno due a due) scandivano il tratturo in giornate di marcia in base alle esigenze del multiforme mondo di animali e uomini che si spostava due volte all’anno su e giù lungo il percorso, secondo il noto alternarsi “primavera – autunno” e “monte – piano”.     

L’informazione scritta più antica sulla transumanza è nel “De re rustica”, di Marco Terenzio Varrone : ”Neque eadem loca aestiva et hiberna idonea omnibus ad pascendum. Itaque greges ovium longe abiguntur ex Apulia in Samnium aestivatum atque ad publicanum profitentur ne, si inscriptum pecus paverint, lege censoria committant”; che traduciamo: “E gli stessi luoghi non sono idonei al pascolo di tutti gli animali d’estate e d’inverno. Perciò le greggi delle pecore sono condotte lontano dalla Puglia sino al Sannio per l’estate, chiedendone l’autorizzazione all’esattore delle imposte, per non incorrere nelle pene previste dalla legge censoria facendo pascolare un gregge non registrato.” (“De re rustica”, Liber II, 1, 16).
Oltre ai Romani, fu Alfonso d’Aragona ad accorgersi quale fonte di entrata per il  Regno di Napoli potesse essere la transumanza. Con suo decreto del 1447 fu istituita “La Dogana delle Pecore di Foggia” nella cui giurisdizione confluivano tutti i tratturi che portavano le greggi a svernare nel Tavoliere pugliese non ancora dissodato per l’agricoltura. Regolato dalle norme della Dogana di Foggia era anche il tratturo che partiva da Pescasseroli e giungeva sino a Candela nelle Puglie. E’ un tratto di questo tratturo, di gran lunga il più importante nel vasto sistema della transumanza centro meridionale italiana, quello che ci  interessa per il nostro museo all’aria aperta. Gli “oppida” e le stazioni di sosta nel tratto della “Pescasseroli – Candela” compresi nel nostro territorio erano Buonalbergo, Casalbore, la Malvizza (nel territorio di Montecalvo Irpino) e l’antica Aequum Tuticum (nel territorio di Ariano Irpino).
Le vie della transumanza all’epoca del Regno di Napoli avevano erano larghe sessanta “trapassi” napoletani (m. 111,11).